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Statue distrutte e Diritti

La grotta delle mani - Santa Cruz
La grotta delle mani – attribuzione Marianocecowski – licenza https://commons.wikimedia.org/wiki/File:SantaCruz-CuevaManos-P2210651b.jpg

Basta digitare in un motore di ricerca le parole “statue” e “distruzione” per trovare quasi nove milioni di risultati. Persino chi non legge giornali, solo frequentando i social, sa cosa sta succedendo nel mondo ai monumenti dei più svariati personaggi storici. Statue abbattute, imbrattate e rimosse.

È una rabbia crescente che trova sfogo nella distruzione delle immagini che rappresentano soggetti le cui azioni, viste con gli occhi di oggi, non sono giustificabili. Rabbia innescata da comportamenti delle forze dell’ordine, generalizzati un po’ in tutto il mondo, che tendono ad una violenza cieca che si traduce in una pena di morte non sancita ma praticata.
E non è solo questione di razzismo.
Si va dalla tecnica del placcaggio con soffocamento, alla revolverata alla schiena di chi fugge disarmato, dalla Diaz a Stefano Cucchi. È repressione violenta, degna dei più beceri regimi fascisti, verso ogni forma di protesta che si ribelli a ogni sorta di discriminazione o ingiustizia sociale, singola o organizzata che sia.

Perché distruggere le statue?

Il tentativo è quello di censurare personaggi discutibili della storia insieme alle loro azioni. Ma la storia si guarda con gli occhi del presente, quando il metro di misura delle consuetudini sociali non è più lo stesso.

Una lucida disamina in tal senso, a cui nulla potrei aggiungere, è proposta sul canale YouTube “Heikudo e la biblioteca di Alessandria”, nella “pillola di storia 385”, dove è posto l’accento sul ,rischio oscurantista che si corre cancellando, insieme ai simboli, parte della storia.
Un invito a contribuire alla discussione con i commenti a cui l’autore risponde in un video successivo integrando l’argomento. Ne consiglio vivamente l’ascolto.

Invito alla riflessione

Nella Grecia e nella Roma antiche era usuale la pratica della pederastia praticata anche dagli imperatori.
Gli antichi egizi era incestuosi oltre che schiavisti.
I popoli primitivi praticavano il cannibalismo.

Se gli esempi del passato ci fanno paura e intendiamo sfogare sulla loro iconografia la nostra rabbia, non si corre il rischio, distruggendo tutto, di distruggere anche la memoria storica dei cattivi esempi insieme all’arte che hanno creato?
Prendiamo per esempio le pitture rupestri di decine di migliaia di anni fa che riproducono stampi di mani. Popoli probabilmente rozzi e violenti, con l’abitudine di cibarsi dei propri simili, ma dotati di pensiero astratto, un segno dell’evoluzione della mente. Le vogliamo distruggere?
Quelle impronte sono la firma dell’autore e insieme alla testimonianza delle origini del genere umano distruggeremmo l’autore stesso.

Diritti rivendicati e Diritti dimenticati

Ogni statua, ogni quadro, ogni film censurato, ogni opera, non simboleggia solo ciò che rappresenta, ma anche l’autore che l’ha prodotta.

Giusto per esempio, il monumento a Indro Montanelli, collocato nei giardini pubblici di Milano, è un’opera in bronzo dorato dello scultore Vito Tongiani. La statua di bronzo raffigurante Cristoforo Colombo in Minnesota è stata realizzata dagli scultori Carlo Brioschi e Leo Lentelli.
La distruzione è praticata per rivendicare dei sacrosanti diritti. Ma non ci si rende conto che in quel modo se ne viola un altro. Il Diritto d’autore.
“Poca cosa”, potrà pensare qualcuno, come se i diritti avessero un punteggio rispetto all’importanza.
Ma non è affatto poca cosa se si guarda il prisma da un’altra angolazione.
Nessuno ha il diritto di violare i diritti altrui per rivendicare il proprio.
Questo deve essere un principio cardine o è barbarie da far west.

Diritto d’autore, Diritto morale

La legge sul Diritto d’autore non è nata per regolamentare il commercio di meri oggetti ma per difendere il pensiero dell’artista, e non c’è niente di più intimo del pensiero. È un principio donatoci dagli illuministi francesi, che vollero discostarsi dalla normativa britannica, per sancire la proprietà intellettuale come diritto morale dell’individuo.

Il Diritto d’autore è così strettamente legato alla persona, talmente parte della stessa, da rientrare tra i diritti inviolabili (Dichiarazione universale dei Diritti umani, art 27, comma 2), di conseguenza, nessuno può esserne privato, tanto che è irrinunciabile dallo stesso autore.
Distruggere un’Opera dell’ingegno creativo è un delitto non contro ciò che rappresenta, ma contro la persona/autore, talmente grave da esser contemplato anche dal codice penale.

Le giuste ragioni e le azioni sbagliate

Ritengo la distruzione di qualsiasi Opera:
Anacronistica. Fuori contesto storico, come ben spiegato nel video di Heikudo
Irrazionale. Non si focalizza sul vero problema.
Controproducente. Il risultato danneggia i Diritti invece di affermarli. Non solo. Dà adito ad azioni di rappresaglia che nulla portano alla causa, anzi.

Con cieca furia distruttiva si rischia di perdere il focus della questione che non può che essere la politica, non quella passata, comunque da ricordare e analizzare, ma quella attuale.
La polizia reprime perché è armata dai politici di turno.
Le disparità sociali sono attuate da politiche antisociali varate dalla classe politica e avallate dall’indifferenza dei più.
Pochi straricchi che parassitano il mondo, inteso anche come Terra, campano sulle spalle della miseria umana.

Coscienza collettiva: è tutto da rifare?

Sento spesso dire che è preminente l’interesse collettivo rispetto a quello del singolo. Attenzione, perché questo rende sacrificabile l’Uno per il bene di tutti, che è lo stesso principio che anima i kamikaze giapponesi e i terroristi fanatici religiosi imbottiti di esplosivo.

Manca la percezione che è il Diritto di Uno, che finisce dove comincia quello altrui, che si trasforma nel Diritto della collettività umana, perché è l’insieme degli individui che crea una società così come l’insieme di ogni singola cellula forma un organismo. Una cellula impazzita che ne contagia altre crea un tumore.
Manca la coscienza su quali sono i Diritti Umani, manca l’insegnamento capillare degli stessi, manca la consapevolezza che “ogni diritto non rivendicato rischia di essere un diritto perso”, anche se non ti tocca in prima persona.
E questo deve valere anche per i politici.
Lì, e solo lì, a buon diritto, bisogna intervenire.

Acqua (1830)

L’acqua è un fluido così sparso nella natura, che agisce continuamente, ed anco senza nostra saputa, sopra tutti i corpi, sui nostri organi, sulla costituzione di tutti gli esseri, e su tutte le sostanze delle quali facciamo uso. La sua utilità nelle arti è talmente riconosciuta, che sarebbe superfluo occuparsene, e importa meno parlare ai nostri lettori dei numerosi suoi usi, di quello che indicar loro gli ostacoli ch’essa oppone alle nostre mire, gli effetti nascosi dovuti alla sua presenza, e le forze motrici risultanti dai varj suoi stati. Ogni oggetto speciale in cui l’azione dell’acqua è immediata, essendo trattato parte a parte nel nostro Dizionario, non conviene attendersi di qui ritrovare che l’esposizione di certi fatti generali, e una specie di ricapitolazione dei principali fenomeni che si devono a questo fluido, e l’indicazione degli articoli nei quali ogni soggetto è trattato minutamente; l’entrare ora in ispiegazioni più estese sarebbe vanamente ripetersi.
L’acqua è un fluido trasparente senza colore, nè odore, insipido, ed atto a bagnare pressochè tutti i corpi, eccettuati quelli che diconsi grassi, le foglie di alcune piante, ec. Sa ognuno con quale abbondanza l’acqua trovisi sparsa in natura, e quanto diverse siano le funzioni che essa vi esercita; riunita in masse enormi nei bacini dei mari, trascinata da un moto progressivo sul letto dei fiumi e delle riviere, questo fluido serve di veicolo ai navigli, ed alle svariate forme di bastimenti, per istabilire coi viaggi e col commercio una comunicazione fra i popoli delle varie contrade. Col suo impulso diviene il motore d’una moltitudine di macchine, altrettanto utili quanto ingegnose; e se l’uomo dispone a suo piacere di una forza ancor superiore di quella onde ora si parla, lo deve a questo medesimo liquido convertito in vapore. L’acqua è l’elemento in cui vivono gran quantità di esseri organizzati; serve di bevanda all’uomo ad agli animali che popolano la terra e l’aria; è uno dei principali agenti della vegetazione; si formano nel suo seno moltissimi minerali ed altre sostanze, alle quali l’industria umana sembra dare una nuova esistenza elaborandole per varii usi ( Trattato di Fisica di Hauy, T. I. ).
Consideriamo prima l’acqua sotto i suoi rapporti fisici.
L’acqua, come tutti i corpi sottoposti all’azione del calore, esiste sotto i tre stati diversi di solidità, liquidità e fluidità, detta elastica; cioè come ghiaccio, come acqua propriamente detta e come vapore acquoso. Lo stato solido è quello che sembra essere naturale all’acqua, mentre gli altri due sono modificazioni apportate dal calorico interposto in maggiore o minor quantità in questa sostanza. Siccome del GHIACCIO e dei VAPORI si tratterà in articoli separati, così non ce ne occuperemo. Alla parola FLUIDO si troverà l’esposizione delle varie proprietà comuni a tutte le sostanze che sono liquide, e che per conseguenza l’acqua divide con esse; ci basterà quindi annunciarle facendone l’applicazione al liquido che forma il soggetto di questo articolo.
[n.d.r. – Seguono decine di pagine di trattazione sulle proprietà e sulle sperimentazioni tecniche]

Libri e Lumi

Libri e lumi

La scrittura non si sa di preciso quando e dove sia nata. Ogni popolo, fin dall’antichità, ha adottato un suo sistema per imprimere il suo pensiero da qualche parte, dalla pietra alla carta, al web, che fosse l’inventario delle greggi, la successione delle dinastie o un aforisma scopiazzato, sbagliato, e “postato” su un social.

Si trovano petroglifi, “stampe” di mani nelle grotte, testi sulla creta in scrittura cuneiforme, pergamene, rotoli in rame o in carta di papiro.
Svariati i materiali usati anche come “inchiostri”. Ocra, succo di bacche, carbone, oli e fuliggine.
Altrettanto varie sono stati gli strumenti per scrivere, dai bastoncini ai“timbri” di legno, dalle mani agli strumenti per incidere, fino alle penne d’oca che si usarono per vergare, in bella grafia, atti pubblici o romantiche lettere d’amore, che spesso impiegavano mesi, se non decenni, per giungere al destinatario.
“Scritture” realizzate alla luce di torce, lumini a olio, candele steariche, lampade a petrolio, e oggi, a quella fredda di un monitor.

 I libri, così come noi oggi li intendiamo, non erano certo alla portata di tutti, sia perché erano privilegio di casta, sia perché i più non sapevano leggere, sia perché per realizzarne anche uno solo ci volevano mesi, se non anni.
Erano scritti, e decorarti con raffinate miniature, da pazienti amanuensi. Quasi sempre però quei libri restavano nelle abazie a conforto di pochi.  Poi arrivò Gutenberg, che, se non ebbe quello di averlo inventato, sicuramente ebbe il pregio di migliorare il processo di stampa. Da quel momento divenne sempre più perfezionato e veloce, e le persone che imparavano a leggere sempre più numerose.
Insieme alla stampa presero vita anche i caratteri e gli stili, come quelli che oggi andiamo a cercare nel web e che chiamiamo “font”.

Tra i tanti stili di carattere in uso, sai perché il corsivo si chiama “italico” e chi l’ha inventato?

Puoi scoprirlo andando a leggere la presentazione del tipografo, nonché edtore, Giuseppe Antonelli, che ha pubblicato la prima traduzione italiana dell’Encyclopedie francese. Una serie di tomi realizzati in pieno illuminismo, contenenti lo scibile umano dei tempi, il cui spirito è ben palesato nell’intento di esser “utili ed a portata di ogni classe di persone”

 Il libro, insieme al sapere, viene sdoganato, esce dalla biblioteca di pochi privilegiati con la speranza di diventare per tutti, perché sappiano, perché si “illuminino”.
Uno spirito e un’intenzione più volte ribaditi in tutta l’opera insieme alla rivalutazione di quei mestieri considerati “umili”.
Da notare come sia cambiato il linguaggio in un arco di tempo non lontanissimo, un modo di esprimersi per noi abbastanza contorto, con parole e verbi arcaici, ma divertente da leggersi.